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IZS UM 09/20 RC

“IMPIEGO DEL GAMMA-INTERFERON TEST PER LA DIAGNOSI DI FEBBRE Q NELLA SPECIE BOVINA E BUFALINA” - GAMMA-Q

Responsabile Scientifico: Piera Mazzone

Area tematica: Sanità animale

Parole chiave: Coxiella burnetii, Gamma-Interferon Test, Febbre Q

Razionale del progetto

La Febbre Q (FQ) è una zoonosi diffusa a livello mondiale causata da Coxiella burnetii (CB), un batterio intracellulare obbligato (Ordine Legionellales, famiglia Coxiellaceae) che può infettare mammiferi domestici e selvatici tra cui ruminanti, uomo, nonché rettili, uccelli, artropodi, in particolare zecche.

Nei bovini indagini sierologiche condotte in Europa e in Italia, riportano prevalenze nei capi testati che vanno dal 6,2% al 14,4% e prevalenze più alte a livello di allevamenti infetti tra il 16,7% e il 71%; prevalenze maggiori sono riportate negli ovini fino al 19,5% a livello individuale e al 74% a livello aziendale. Nella specie bufalina sono stati riscontrati valori di prevalenza interaziendale variabili dal 17% al 23%. Nei ruminanti domestici, principale fonte di infezione per l’uomo, la malattia è spesso subclinica, ma può causare aborti tardivi, nati mortalità e endometrite. In particolare, l'aborto assume un carattere epidemico in ovini e caprini, mentre risulta essere sporadico nei bovini, specie in cui è maggiore l’impatto dell’infezione sulla riduzione della fertilità (ritenzione placentare, metrite e mastite subclinica). La diffusione del batterio nell'ambiente si verifica durante il parto o l'aborto, situazione quest’ultima in cui elevate concentrazioni di CB si ritrovano a livello di liquidi e invogli fetali, considerata il momento di maggior rischio per la trasmissione dell’infezione ad altri animali o all’uomo. L’eliminazione di CB può avvenire anche durante il parto fisiologico, inoltre gli animali infetti possono eliminare persistentemente CB nel latte, e in maniera intermittente nelle urine, feci, muco vaginale e liquido seminale. La trasmissione all'uomo avviene attraverso l'inalazione di aerosol contaminati, dove l’agente persiste a lungo sotto forma di una struttura “spore-like”. Il microrganismo inoltre può essere diffuso e trasportato dal vento dagli ambienti rurali/zootecnici contaminati, alle aree urbane, in cui è stata documentata la presenza di focolai umani. Nell’uomo la malattia può avere un decorso acuto o cronico. La forma acuta è caratterizzata da sindrome influenzale spesso autolimitante, polmonite atipica ed epatite, mentre l’endocardite è l’esito più frequente nei casi cronici (5%) con possibili esiti mortali. La diagnosi di FQ può essere eseguita solo attraverso il ricorso al laboratorio e tramite l’utilizzo di indagini sierologiche o rilevazione del patogeno mediante PCR, tecniche che presentano dei limiti rispettivamente legati alla difficoltà di effettuare una diagnosi individuale o alla difficoltà di rilevare CB eliminata in maniera intermittente. Per ovviare ai limiti della diagnostica tradizionale, in medicina umana il saggio del γ-IFN, è stato utilizzato nelle campagne vaccinali contro la CB e per la diagnosi precoce di FQ, mostrando una sensibilità maggiore rispetto ai test sierologici. Come nell’uomo, nei ruminanti le metodologie per la diagnosi di FQ non sono ancora standardizzate, per cui l’individuazione degli allevamenti e dei soggetti infetti resta un punto critico per il controllo di questa patologia. A tal fine, si intende sviluppare, nel bovino e nel bufalo, un test per quantificare la produzione di gamma-Interferon (γ-IFN) in seguito a stimolazione linfocitaria con CB e antigeni ricombinanti. In medicina veterinaria ad oggi non ci sono studi pubblicati sull’impiego del γ-IFN nella diagnosi di FQ negli animali. Si potrebbe ipotizzare un uso del γ-IFN test come screening nelle rimonte, così da vaccinare solo i capi negativi e considerare i capi positivi probabili eliminatori da gestire con adeguate misure di biosicurezza.